Migrazioni, fughe, deportazioni, lingue, parole

8 giugno 2019 – Nonantola (Mo)

Nello scarto tra il racconto di sé a cui obblighiamo gli stranieri che arrivano in Italia, e la realtà delle loro esperienze di vita, uno scarto amplificato dalle attuali politiche migratorie che li costringono a dichiararsi richiedenti asilo anche quando non si sentono tali, nascono problemi, contraddizioni, conflitti che hanno importanti ripercussioni sia sul piano del benessere personale, sia nella relazione con operatori, cittadini, pubblici funzionari e tutti coloro con cui entrano in contatto.
Pensiamo ad esempio al “sistema di premi e punizioni” che le commissioni, gli enti gestori, le prefetture, le questure, ma anche noi “attivisti” costruiamo intorno al racconto di sé (come vittima) dei migranti.
D’altra parte i problemi e le contraddizioni sono brucianti anche per coloro che scappano dall’oppressione e dalla violenza: sappiamo quanto il trauma renda complicato la memoria e il racconto di sé. 
Facce diverse della stessa medaglia. 
A riflettere su questi argomenti abbiamo invitato Maurizio Veglio, avvocato Asgi, che si è occupato di questi temi in relazione alla stesura dei C3, ai colloqui nelle commissioni territoriali, al rapporto degli immigrati con gli avvocati (e degli avvocati con gli immigrati); Elvira Mujcic, scrittrice bosniaca che ha vissuto sulla propria pelle l’esperienza della fuga e dell’esilio, raccontandola in diversi libri; Fabio Levi, studioso di Primo Levi, che ha scritto pagine fondamentali sul racconto e la memoria dei “salvati”.

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