Al momento stai visualizzando Il caso Mattei 4. Diritto e movimenti

Un ruolo fondamentale nella vicenda del Mattei l’hanno avuto ancora una volta le avvocatesse dell’Asgi (Associazione studi giuridici sull’immigrazione) che intervengono nel dibattito sullo sgombero del centro con una loro cronaca e una loro interpretazione di quanto successo tra il 7 e l’11 giugno scorsi.

Quella che si è vista a Bologna però è stata una forma di collaborazione in parte nuova tra l’associazione giuridica e le varie anime del movimento sceso in strada in quei giorni a difesa delle persone che vivevano e lavoravano al Mattei. Una collaborazione chiara, che ha rispettato i confini del mandato di ognuno, e forse anche per questo efficace.

Alle “Strade del mondo” abbiamo spesso sottolineato come in assenza di un quadro teorico e strumenti di lavoro pedagogici e sociali solidi noi operatori tendiamo a chiedere al sapere giuridico scorciatoie e soluzioni immediate ai conflitti e ai nodi che incontriamo nel nostro lavoro. Ma conflitti e nodi del sistema d’accoglienza non possono essere risolti solo per via giuridica. Hanno a che fare con l’organizzazione del lavoro sociale, con la relazione d’aiuto, con il lavoro educativo e di comunità. Solo confrontandosi con questo ordine di problemi (e saperi) anche le proposte di tipo giuridico e politico avranno una maggiore presa, un maggior ancoraggio alla realtà, a volte dura e sempre inafferrabile, dei singoli progetti migratori. (Luigi Monti)

Gli antefatti

Con un’intervista ad un quotidiano locale dell’8 giugno 2019 la Prefetta di Bologna ha annunciato l’imminente chiusura dell’Hub Mattei “per ristrutturazione”, con conseguente trasferimento dei richiedenti asilo ivi accolti, anche se non erano chiari, all’inizio, né la destinazione né i criteri di ricollocamento dei 169 ospiti in altre strutture di accoglienza.

La chiusura era stata comunicata solo il 7 giugno alla cooperativa L’Arcolaio, che gestisce la struttura (e forse nella stessa data al Comune) ed il trasferimento dei richiedenti asilo pareva dovesse avvenire una settimana dopo, il 14 giugno.

Immediata è stata la reazione dei lavoratori e di varie realtà associative e sindacali bolognesi, aumentata mano a mano che si è appreso che i tempi sarebbero stati molto più stretti ed improvvisamente l’11 giugno la prefettura, su ordine diretto del Ministero dell’interno, ha comunicato che il trasferimento sarebbe avvenuto l’11 stesso.

Già dalla sera precedente si è cominciato ad informare i richiedenti asilo della decisione ministeriale e della destinazione in Sicilia, provocando sconcerto e paura e l’abbandono della struttura da parte di alcuni ospiti, alla ricerca di una sistemazione per potere rimanere sul territorio bolognese ove avevano intessuto, nel corso del tempo, relazioni.

Dalle prime ore del mattino dell’11 giugno davanti all’Hub Mattei si è formato un cospicuo presidio di varie associazioni e sindacati, operatori dell’accoglienza di altre strutture, volontari della Caritas, volontariato sociale, per cercare di contrastare l’ingiusta decisione ministeriale (non motivata da effettive e concrete ragioni di ristrutturazione, non tali da rendere immediato il trasferimento a centinaia di chilometri di distanza e fuori dal territorio regionale) e per informare i richiedenti asilo dei loro diritti. Il punto centrale era, innanzitutto, l’ informazione ai diretti interessati, così che potessero essere consapevoli di quanto stava accadendo.

Come si è svolto l’intervento legale

Nella mattinata dell’11 giugno Asgi ha inviato alla Prefetta di Bologna la richiesta – sottoscritta da tutte le realtà associative e sindacali partecipanti al presidio – di annullamento del trasferimento, evidenziando vari profili di illegittimità, tra i quali:

– la violazione dell’Intesa Stato-Regioni-Enti locali del 2014, sulla base della quale era stato istituito l’Hub regionale, quale luogo di temporanea sistemazione in vista del collocamento dei richiedenti asilo in strutture di accoglienza pubbliche sul territorio regionale;

– la violazione, già in essere da tempo, della natura temporanea dell’Hub, caratterizzato, in realtà, da lunga permanenza dei richiedenti asilo, che aveva determinato la trasformazione di fatto della struttura in un CAS di grandi dimensioni;

– la violazione dell’obbligo di informare i richiedenti asilo del trasferimento e di motivarlo, secondo quanto previsto dalla normativa;

– la violazione del diritto di difesa (per coloro che avevano un ricorso pendente o che dovevano proporlo a breve) e del diritto alla protezione internazionale stessa (vari avevano imminenti convocazioni davanti alla Commissione territoriale), in quanto a 1000 chilometri di distanza i richiedenti non potevano certamente avere rapporti effettivi con i loro difensori o con gli operatori dell’ente di gestione dell’Hub che raccoglievano le memorie da presentare alla Commissione.

L’inoltro della richiesta ufficiale non era però sufficiente per bloccare il trasferimento a Caltanissetta e pertanto, consapevole della necessità di informare adeguatamente i richiedenti asilo di ciò che potevano fare per non subire inconsapevolmente questa sorta di deportazione, Asgi ha preparato delle “dichiarazioni di rinuncia al trasferimento” che gli interessati avrebbero potuto sottoscrivere dopo essere stati debitamente informati di quanto stava succedendo e di cosa prevedeva la legislazione.

Al presidio si è organizzata una rete capillare di informazione ai richiedenti asilo, i quali man mano che uscivano dall’Hub – incuriositi da quanto stava accadendo ma impauriti per il loro destino e frastornati dalla mancanza di informazione da parte delle istituzioni – sono stati informati uno ad uno, con l’ausilio degli operatori dell’accoglienza, degli avvocati e dei mediatori linguistici, dell’alternativa tra accettare il trasferimento o rinunciare ad esso, senza che quest’ultima comportasse la rinuncia all’accoglienza pubblica.

È stato un lavoro lunghissimo, durato ore, fatto sulla strada, seduti per terra, cercando riparo sotto l’ombra degli alberi ai bordi della strada, con lunghi colloqui personali, rispondendo a tutti i dubbi che comprensibilmente i richiedenti asilo ponevano, rispettando le incertezze che alcuni mostravano, la paura di finire per strada e senza tutele. Una relazione di fiducia che via via si è formata su elementi concreti, i diritti, l’informazione sui diritti, imprescindibile per compiere scelte consapevoli.

Da precisare che le dichiarazioni di rinuncia sono state autenticate dalle avvocate Asgi presenti, dopo avere acquisito copia dei permessi di soggiorno e i numeri dei cellulari dei richiedenti per potere rimanere in contatto e gestire le azioni dei giorni successivi, finalizzate a non perdere il diritto all’accoglienza.

In ogni dichiarazione di rinuncia è stata indicata la ragione per cui non si accettava il trasferimento (motivi legati ai ricorsi pendenti o da proporre, attività lavorativa in corso, esigenze sanitarie certificate, audizioni imminenti in Commissione territoriale, ecc.), ovverosia per il pregiudizio che al singolo poteva essere arrecato.

Alla fine, circa 80 richiedenti asilo hanno sottoscritto la dichiarazione di rinuncia al trasferimento, unendosi al presidio che si è poi spostato, verso sera, in piazza Maggiore, dove era stato chiesto e ottenuto un incontro con le autorità comunali.

Spostamento in città che è avvenuto prima che arrivassero i pullman inviati dalla prefettura per il trasferimento a Caltanissetta, sui quali sarebbero poi saliti solo 39 dei 167 ospiti del Mattei.

Durante il giorno, peraltro, un gruppo di 23 richiedenti asilo era già stato trasferito in una struttura messa a disposizione dalla Caritas diocesana di Bologna in attesa di trovare una sistemazione definitiva.

Ad altri richiedenti è stata offerta, nel frattempo, ospitalità temporanea da parte di parrocchie o di famiglie appartenenti all’associazione bolognese “Famiglie accoglienti”, per evitare che passassero la notte in strada.

Cosa è avvenuto dopo

All’incontro con le autorità comunali, una delegazione del presidio è stata informata dei colloqui tra il Comune e la Prefettura, che pareva non avere portato a nessun risultato e nell’occasione è stato chiesto l’intervento dell’Ente locale per trovare una soluzione al trasferimento nel rispetto della normativa, avvertendo che il presidio non si sarebbe sciolto fino a che non fosse stata risolta la vicenda.

Dopo alcune ore, mentre nella piazza continuava l’attività informativa, diretta anche ai cittadini bolognesi che nel frattempo si erano uniti al presidio, il Comune ha comunicato che erano stati reperiti circa 28 posti di accoglienza in CAS locali, divenuti poi 51, da distribuire in strutture di accoglienza della Regione (Bologna, Ferrara, Rimini, Reggio Emilia, Piacenza).

È stato chiesto dal Comune, d’intesa con la prefettura, di ritornare presso l’Hub, dove si sarebbe organizzato il trasferimento e così verso le 23 il presidio è ritornato al centro Mattei, dove erano presenti funzionarie della prefettura con l’elenco degli ospiti e il relativo ricollocamento.

In questa circostanza è stato proposto alla prefettura l’indicazione delle priorità dell’inserimento nei posti di accoglienza reperiti, tenendo conto di chi aveva la convocazione a breve in Commissione, di chi aveva in corso un’attività lavorativa e di coloro che dovevano presentare a breve ricorso contro il diniego di riconoscimento della protezione. Proposta accolta dalla Prefettura.

Mano a mano che passavano le ore – con un nutrito presidio ancora presente fuori dall’Hub – i posti in accoglienza messi a disposizione sono aumentati, fino a coprire tutti coloro che non avevano già avuto il trasferimento. Le operazioni sono terminate alle 4 del mattino.

Poiché tuttavia nella notte non erano presenti tutti i richiedenti asilo che avevano rinunciato al trasferimento o che si erano allontanati già la sera prima dalla struttura, il giorno dopo si è provveduto a cercarli telefonicamente per convocarli presso lo studio delle avvocate e degli avvocati che avevano seguito la vicenda e sono state inoltrate alla Prefettura le istanze di ripristino delle misure di accoglienza. Istanze evase positivamente tant’è che la stragrande maggioranza ha trovato accoglienza.

Cosa ha rappresentato la vicenda del Mattei

La sistemazione nelle strutture di accoglienza della regione, attuata dopo la giornata di intensa mobilitazione, attesta la pretestuosità dell’operazione ministeriale di trasferimento a Caltanissetta e delle paventate ragioni di urgenza dello smantellamento dell’Hub Mattei.

Struttura che non abbiamo certamente amato in questi anni – luogo fisicamente repressivo, ex caserma, ex Cie – e che nel tempo si è trasformato da struttura temporanea, di poche settimane, a luogo di permanenza stabile, in condizioni sicuramente non dignitose sul piano umano, non tanto per la gestione quanto per l’eccessivo numero di ospiti.

La stessa attuale scelta di trasformare l’Hub in un grande Cas (200 posti di capienza) ci trova radicalmente contrari. Tuttavia, lo smantellamento dell’Hub non doveva né poteva avvenire con le modalità e le finalità ministeriali, sprezzanti della dignità dei richiedenti asilo e in violazione della legge.

La vicenda dell’Hub Mattei ha rappresentato un momento altissimo di condivisione di un agire politico, nel senso pieno del termine, di vari soggetti, ognuno con ruoli e competenze diversi, ma tutti accomunati dalla forte esigenza di rispetto dei diritti.

È stato decisivo, senza dubbio, il coinvolgimento diretto dei richiedenti asilo e l’informazione che è stata loro fornita dei loro diritti e di quello che, secondo legge, avrebbero potuto fare, così da condividere quell’agire politico che ha portato a un prezioso risultato: l’annullamento del trasferimento in una realtà territoriale lontana, in assenza di garanzie che potessero essere messe in atto misure effettive di accoglienza, non limitate al mero alloggio. E con uno sradicamento dal territorio, generatore di pregiudizi per i richiedenti e per gli operatori dell’accoglienza.

Da notare che il trasferimento a Caltanissetta è avvenuto presso un Cara – Pian del lago – notoriamente caratterizzato da preoccupanti criticità, che condivide gli spazi con un centro di detenzione (Cpr) e che rischiava di chiudere per assenza di ospiti. Trasferimento, dunque, che potrebbe essere stato motivato proprio dall’esigenza di non chiudere quel Cara, prescindendo totalmente dall’attenzione verso i richiedenti asilo e dal rispetto della normativa.

Delle 39 persone partite per Caltanissetta solo 20 sono arrivate a destinazione, gli altri si sono dispersi sul territorio nazionale senza tutela.

Pur nella consapevolezza dell’importanza dell’esperienza, che ha saputo coniugare diversi saperi e competenze e differenti modi di agire politico, siamo altrettanto consapevoli che la partita non è finita: il 30 giugno 2019 scadranno le proroghe tecniche degli appalti di gestione dei Cas bolognesi, per i quali sono andati deserti i nuovi bandi al ribasso introdotti dal decreto sicurezza n. 113/2018.

Centinaia di richiedenti asilo rischiano, tra pochi giorni, di divenire oggetto di trasferimento forzato in luoghi lontani, nel disinteresse delle autorità istituzionali per le loro esigenze, per il loro radicamento nel territorio cittadino e provinciale, perdendo l’apporto della competenza professionale acquisita negli anni dagli operatori dell’accoglienza.

Decine di lavoratori rischiano di trovarsi senza lavoro o, se lo manterranno, saranno sviliti nella loro professionalità dal momento che i nuovi bandi per l’accoglienza non prevedono nessun percorso di integrazione ma neppure di ausilio ai richiedenti asilo nel percorso amministrativo ed eventualmente giudiziale per il riconoscimento della protezione internazionale.

Verrà meno anche la vasta rete del volontariato sociale che negli anni ha affiancato la rete di accoglienza pubblica.

Per tutte queste ragioni e per molte altre, l’esperienza vissuta con l’Hub Mattei deve continuare e organizzarsi per pensare quale possa essere una soluzione alla gabbia in cui il legislatore ha inteso immettere il diritto d’asilo.

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